Simbologia dei Nomi: MATTEO
Abbiamo già parlato della simbologia del nome Adamo e di Eva, con il nome di oggi inizio ad analizzare i nomi dei 4 evangelisti. I nomi biblici hanno sempre una simbologia marcata e più facilmente circoscrivibile. Come sempre, si fa riferimento a elementi di Cabala, di simbologia dei numeri e miti di varie culture.
Ogni nome é collegato a un omen, ossia a un mandato, e quindi vengono proposti dei possibili “ostacoli” che chi porta quel nome potrá incontrare durante il suo cammino.
MATTEO
Deriva dall’ebraico Mattanyah, che significa dono di Yahweh, di Dio. Questo “yah” come avevamo già detto in altre occasioni, è “il germe di Dio”, la piccola goccia divina presente nell’uomo, “recisa” a seguito della cacciata dall’eden.
Il dono coinvolge l’idea di RECIPROCITA’ e quella di DISINTERESSE, ossia il dono ha due principali caratteristiche: la prima è che non coinvolge un calcolo sulle quantità, cioè è disinteressato, senza altri fini. Questo almeno in senso ideale.
Secondo, il dono è un mezzo di legame della comunità attraverso la reciprocità: io regalo qualcosa a te, tu la regali a un altro. Questa logica della reciprocità quando viene “deviata” diventa lo scambio di favori e il clientelismo, ma in principio è uno dei legami della comunità.
Il Matteo evangelista, nella Bibbia, è guardacaso esattore delle tasse, e la tassa possiamo vederla come un dono – forzato – che si è obbligati a dare per la comunità.
In medicina cinese, il dono può essere legato ad un sistema energetico che ha a che fare con il “servire” il prossimo (jue yin). Questo sistema è collegato, per esempio, all’idea di poter restare giovani, o invece di invecchiare: il concetto qui è che il regalare è ciò che consente non solo ad una comunità di restare unita e propagarsi, ma al singolo individuo di non invecchiare. Infatti spesso da vecchi è facile restare attaccati alle proprie cose, agli averi.
Inoltre quella che abbiamo chiamato yah, la goccia divina, potremmo chiamarla anima o in altro modo. In fondo, la non-disponibilità a regalare se stessi agli altri è anche il timore di condividere questa goccia, di condividere se stessi, in modo che poi “non ne resti abbastanza”. Ma se si crede in una parte “animica” questa non ha quantità, non ha senso parlare di divisione o moltiplicazione. Questo ad esempio succede in alcuni libretti dei Testimoni di Geova, che pretendono di tenere un “conto” di tutte le anime create e che risorgeranno.
Questo quindi è il senso del dono dello yah: qualcosa che abbiamo paura a dare (per paura di perderlo) ma che non possiamo perdere, perché non è una quantità.
L’altro concetto collegato al servire, in medicina cinese, è il feedback: ossia noi ci rendiamo conto di chi noi siamo anche attraverso il metterci a servizio degli altri, o viceversa ci mettiamo troppo al servizio degli altri e perdiamo la nostra identità, diventiamo servi.
Prove da affrontare per il mandato:
- Non essere avaro, sia dal punto di vista materiale, con le proprie cose, sia con se stessi, ossia darsi agli altri, ma senza esagerare dal lato opposto, cioè senza perdere se stessi.
- Bisogna trovare un equilibrio tra il possesso / l’avarizia e l’eccesso di generosità, che porta a essere dipendenti dagli altri e vuoti, senza coscienza di sé.