I simboli mistici del giardino di Quinta da Regaleira
Un paio di anni fa, durante un viaggio in Portogallo, mi capitò di partecipare ad una visita guidata al Palácio da Regaleira, una magnifica tenuta con villa, giardini e diverse grotte, che si trova a Sintra, vicino Lisbona. Il luogo mi affascinò molto per la presenza di un ricco pantheon di simboli mistici ed esoterici che – nella mia immaginazione di allora e di adesso – descrivono un preciso percorso iniziatico, che in quanto tale è ben comprensibile solo da coloro che sono stati istruiti a quel linguaggio simbolico (e quindi da parte mia solo ipotizzato).
Appunto qui alcune riflessioni che scrissi su questo luogo molto singolare.. Sono idee raccolte durante la visita del giardino, annotazioni che ho ritrovato in questi giorni (potere dei traslochi) insieme al depliant della villa, e che raccontano una storia (da prendere con le pinze, come un brainstorming, sia chiaro).
Una breve storia di Quinta da Regaleira si può leggere qui. Pare fosse stata costruita da un privato come pegno d’amore verso la sua amata. In seguito, con alterne vicende, reggia e giardino furono modificati a seconda dei gusti dei successivi proprietari, ma la “mano più grossa” si dice sia stata quella dell’ordine massonico dei Rosacroce, attraverso il Dr. Carvalho Monteiro, uno degli acquirenti della tenuta.
Nella mia personalissima visione, il percorso iniziatico del giardino va da Sud (dov’è l’ingresso) a Nord. Inizialmente costruito per un amore terreno, per una donna in particolare, a me sembra un percorso per la riscoperta de LA donna, ossia del femminile in generale. Come ricorda la sempre ottima A. de Souzenelle, il termine “maschio” (zakor) significa anche “ricordare”, ma ricordare cosa, se non la propria parte femminina, la “sposa” (malkut) che ogni essere umano porta dentro di sè?
Quindi l’iniziazione è il lavoro del fuoco/maschio/yang che scopre dentro di sè la femmina/yin/acqua e la sposa, e si fa sposa egli stesso (ermafroditismo e crittogamia…).
Non a caso la terza lettera (il 3 rappresenta la vita) dell’alfabeto ebraico è gimel, il cammello, colui che porta l’acqua dentro di sè attraversando il deserto (della vita).
Ecco, mi sto perdendo in digressioni.. veniamo al percorso nel giardino: tutto comincerebbe con il Chapels Tunnel, il canale sotterraneo che sbuca nella piccola cappella accanto alla reggia. Il canale è completamente al buio, porta a un rigagnolo d’acqua. Sbuca poi alla luce, nella cappella, dove è raffigurata l’annunciazione. Simbolicamente, potremmo parlare di una sintesi del percorso “da fare”: una discesa nell’oscurità, volta a scoprire l’acqua (la sposa) in profondità, per poi risalire alla luce, rappresentata dalla nascita-annunciazione del “bambino divino” DENTRO l’essere umano ora risvegliato, una volta cioè che egli ha “ricordato”.
Labirinthic Grotto : procedendo dopo la cappella si incontra una grotta romantica, da innamorati, dove l’acqua gioca fra le rocce… credo simboleggi l’unione dei gameti, la fecondazione sotterranea e interiore. Se il primo tunnel è l’inizio (la discesa) e poi la sintesi del percorso spirituale che – anche solo razionalmente – si può arrivare a comprendere, questo secondo tassello rappresenta il primo passo fisico, attivo: la fecondazione. Il seme deve essere piantato perchè possa cominciare a germogliare e a far crescere “verso l’alto”, come la pianta verso il sole.
Leda’s Cave: in quest’altra struttura, a mo’ di muraglia protettiva, si nasconde la prima insidia, il momento di “prendere forma”. Prima tutto si svolgeva nell’acqua (la fecondazione), ora bisogna far prendere forma all’acqua, a quel seme fecondato, che deve diventare terra. Ecco quindi la statua della donna che tiene in mano una colomba, simbolo della terra ritrovata dopo il diluvio. La raffigurazione dell’anatra invece potrebbe rappresentare gli ostacoli presenti in questa parte iniziale del cammino (è animale d’acqua e di terra insieme, si muove fra i due ambienti), forse è il “guardiano” di questo passaggio, di questo diaframma (la muraglia).
Cave of the Orient: si arriva all’ingresso di un lungo tunnel. Comincia il cammino vero e proprio, quello del “cammello attraverso il deserto”, dell’uomo nel mondo. Dopo la nascita nell’acqua (Labirinthic Grotto), arriva stavolta il battesimo: ci sono delle cascate, rappresentano le “acque dell’alto” (quelle divine) che scendono per purificare l’uomo in cammino, prepararlo agli stadi successivi. Alla cascata segue il Pozzo Incompleto (Unfinished Well), un pozzo in cui solo la luce può discendere ma l’uomo non può risalire: dopo la purificazione l’uomo può alzare lo sguardo, intravede la luce, la meta, ma non ha i mezzi per raggiungerla.
A questo punto, procedendo, si incontra la statua dei due guardiani: si tratta di due figure mostruose che sembrano contendersi una conchiglia. E’ un nuovo ostacolo-muraglia, stavolta custodita da due guardie, che rappresentano appunto la dualità: per superare questo passaggio occorre andare oltre questa dualità, superare la paura. Infatti i due guardiani sembrano contendersi una conchiglia, simbolo della parte immortale dell’uomo.
Una piccola parentesi. La conchiglia è madreperla: nel corpo umano corrisponde alle ossa, tessuto strutturale, resistente e di sedimento, sede dei midolli. La conchiglia contesa dai guardiani sembra quasi avere vertebre: è la spina dorsale, l’asse portante dell’uomo, al cui interno (midollo) arrivano e partono tutte le esperienze. La spina dorsale, ghermita dai due guardiani (yin e yang, la dualità) resta bloccata, incapace di evolversi.
Superati i guardiani si arriva al Pozzo Iniziatico (Initiatic Well) dove finalmente si può cominciare la risalita. Siamo quasi alla fine, sembra di essere arrivati, ma ecco un nuovo labirinto, stavolta in superficie.
Quando seguii il percorso, uscito dall’ultimo pozzo ero ancora vittima dell’aspettativa: subentrava sottile un senso di smarrimento: niente più “avventure”, niente buio e luce, niente grotte, rumori e statue minacciose… Solo un saliscendi labirintico di piccoli sentieri apparentemente inutili. Mancava solo un tassello segnato sulla mappa del luogo, denominato la Grotta della Vergine (Grotto of the Virgin). Forse era quello, il pezzo finale del percorso?
Camminando avanti e indietro per i sentieri non mi sembrava di trovare nessuna grotta che fosse degna di nota, finchè realizzai che c’ero già passato davanti diverse volte: la Grotta della Vergine era semplicemente… vuota. Vergine, appunto, immacolata. Tutta la costruzione simbolica che avevo ipotizzato fino a questo momento, infine, si “completava”: la realizzazione che giunge al suo culmine diventa (è) il vuoto: nessun obiettivo, nessuna conquista finale, se non il percorso fatto. Mi sembrò una allegoria molto efficace: ci affanniamo sempre a cercare, a raggiungere un obiettivo, anche quando non c’è nulla in realtà “da fare”. La soluzione è evidente ed è sotto gli occhi, e la fine (o il fine) del percorso è semplicemente la fine.
Vergine era l’uomo all’inizio del cammino, l’uomo “da iniziare”, che doveva scoprire e “fecondare” se stesso. E Vergine (nella Grotta della Vergine) si trova alla fine, in un movimento di ritorno come quello che Lao Zi diceva essere il “movimento del Dao”. Tutto si muove, nulla si muove.
Tutto questo mi ricordava anche quel detto Zen:
Per coloro che non sanno nulla dello zen le montagne sono soltanto montagne, gli alberi sono soltanto alberi, gli uomini soltanto uomini. Dopo aver studiato lo zen per qualche tempo, uno giunge a percepire la vanità e fugacità di tutte le forme, e le montagne non sono più montagne , gli alberi non sono più alberi, gli uomini non sono più uomini. Per colui che ha compreso pienamente lo zen le montagne sono di nuovo montagne , gli alberi sono alberi e gli uomini sono uomini.